Il processo penale telematico

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Avv. Mattia Serpotta 

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L'anomalia dell'atto abilitante al deposito degli atti penali

25-03-2025 17:03

Mattia Serpotta

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L'anomalia dell'atto abilitante al deposito degli atti penali

Il contrasto con le previsioni costituzionali e le norme del codice di rito

Solo durante la fase delle indagini preliminari e fino all’emissione degli avvisi di cui agli artt. 415 bis o 408 c.p.p., il difensore che debba obbligatoriamente depositare al portale la propria nomina e, contestualmente ad essa, qualsiasi atto difensivo, dovrà necessariamente allegare un atto abilitante, in difetto del quale il funzionario di cancelleria è legittimato a rifiutarlo, con tutto ciò che potenzialmente consegue in termini di nullità al mancato inserimento dell’atto nel fascicolo del Pubblico Ministero.

Ai sensi dell’art. 2, lettera c), del regolamento sulle specifiche tecniche entrato in vigore il 30.9.2024, norma in realtà riproduttiva di disposizioni regolamentari contenute già nei provvedimenti in vigore in precedenza, si definisce atto abilitante quello “da cui risulti la conoscenza dell’esistenza in una procura della Repubblica di un procedimento relativo al proprio assistito e il relativo numero di registro”: es. la certificazione ex art. 335 c.p.p., una richiesta di proroga delle indagini, un provvedimento di sequestro, il verbale di conferimento dell’incarico ex art. 360 c.p.p. etc.

La validità dell’atto di nomina e l’efficacia del suo deposito non è mai stata condizionata dalla dimostrazione della modalità di conoscenza ufficiale del procedimento, compreso il numero di registro delle notizie di reato. Su questo terreno, è chiarissima la regressione determinata dalla digitalizzazione ed evidente appare la violazione da parte di una norma secondaria rispetto a quelle primarie previste dal codice e all’art. 24 Cost.

Non si può in particolare tacere il contrasto con l’art. 96 c.p.p., nella parte in cui prevede che la nomina possa essere comunicata all’Autorità procedente per il tramite del difensore. In quest’ultimo caso, infatti, logico corollario è che il deposito possa avvenire immediatamente e senza ostacolo alcuno, atteso che la formalizzazione del rapporto con il cliente è la premessa per esercitare qualsiasi diritto difensivo e, almeno per la giurisprudenza più rigorosa, seppur minoritaria, per individuare il momento a partire dal quale devono essergli riconosciute le garanzie di libertà di cui all’art. 103 c.p.p.

La questione non è affatto teorica, essendo molteplici i casi in cui il difensore, pur nominato dall’assistito, non è in possesso di un valido atto abilitante, venendogli così preclusa la possibilità di depositare immediatamente la propria nomina e tutti gli atti successivi. Solo per citare alcuni esempi tratti dall’esperienza quotidiana:

‒ Tizio viene identificato dalla Polizia nel corso di un controllo su strada, poiché risultato positivo all’alcol test. In quella sede, si riserva di nominare un difensore. Il giorno successivo, Tizio si reca nello studio dell’avvocato Sempronio e formalizza la nomina. Il difensore non potrà depositarla, perché il verbale di identificazione non contiene ancora un numero di R.G.N.R. Quindi, il legale ha una sola possibilità: presentare una richiesta ex art. 335 c.p.p. e attenderne gli esiti, i cui tempi medi sono a Roma di 20 giorni, a Catania di 10;

‒ la Polizia, su delega della Procura, si presenta a casa di Tizio per identificarlo. Redige un verbale, dal quale risulta che è indagato, senza però indicare il numero di R.G.N.R. e il nome del P.M. In quella sede, Tizio nomina il proprio difensore, il quale non potrà depositare tale dichiarazione al portale e contestualmente un atto successivo urgente (es. richiesta di interrogatorio);

‒ Tizia deposita personalmente una querela in Procura, senza nominare alcun difensore e chiedere di essere avvisata in caso di richiesta di archiviazione. Un paio di giorni dopo, si reca dall’Avvocato Sempronio, il quale le consiglia di depositare una memoria integrativa per spiegare meglio alcuni fatti, allegare degli screenshot determinati sul piano probatorio, chiedere di essere avvisata in caso di richiesta di archiviazione e soprattutto sollecitare l’adozione di una misura cautelare. Tizia incarica l’avvocato, il quale, pur sapendo che esiste un procedimento conseguente alla querela, non potrà depositare alcun atto al portale. Nel frattempo, il P.M. emette richiesta di archiviazione e nulla notifica alla persona offesa;

‒ Tizio è indagato dalla Procura di Catania, come ha appreso dal suo avvocato Sempronio, il quale ha richiesto una certificazione ex art. 335 c.p.p. Tizio intende revocare il legale e nominare l’Avv. Mevio. Il precedente avvocato ha però perduto la certificazione, ma nel frontespizio del fascicolo ha appuntato il numero di R.G.N.R. L’Avvocato Mevio, pur sapendo lecitamente il numero di R.G.N.R., non potrà depositare la propria nomina e dovrà attendere gli esiti di una nuova certificazione ex. art. 335 c.p.p.

Appare evidente dunque che la previsione di questa condizione ostativa sul piano procedurale può determinare una seria contrazione del diritto alla difesa, la quale potrà essere arginata, in difetto di un intervento normativo, quantomeno attraverso la previsione di una esitazione celere delle richieste di certificazioni ex art. 335 c.p.p. o disciplinando l’obbligo di trasmettere in ogni caso la nomina in formato cartaceo per le valutazioni dell’Autorità giudiziaria.

Diverso e più serio problema è, in termini assoluti, quello dell’efficacia del rigetto del deposito della nomina e degli atti successivi a esso contestuali, nel caso in cui il difensore non alleghi l’atto abilitante. Si tratta di un caso di rifiuto cui il funzionario è espressamente autorizzato dalla fonte secondaria, ma che produce il paradossale effetto di impedire la trasmissione della nomina ‒ pur caricata al sistema e quindi pervenuta all’Ufficio destinatario ‒ nel fascicolo cartaceo.

In quest’ultimo caso, il Pubblico Ministero rimarrà ignaro dell’avvenuto deposito e ometterà, ad esempio, di notificare al difensore l’avviso di cui all’art. 415 bis c.p.p., esponendosi così al rischio futuro di una eccezione di nullità, nell’ipotesi in cui l’avvocato non avesse nel frattempo proceduto a un nuovo deposito della propria nomina, accompagnato questa volta dall’atto abilitante.

Nel giudicare sulla fondatezza di tale eccezione, sarà difficile non rilevare che la previsione dell’atto abilitante quale condizione ostativa di ammissibilità del deposito della nomina, pur prevista da una norma regolamentare, appare chiaramente illegittima e come tale disapplicabile, in quanto viola chiaramente l’art. 24 Cost. e l’art. 96 c.p.p.